Il Giro dell’Orsiera è l’anello di congiunzione tra pianura e montagna: dall’alto delle cime e dei valichi si possono osservare Superga e Torino, la Rocca di Cavour e il Monviso, la pianura padana fino a Chivasso e Saluggia, e la vista corre anche verso ovest, alle cime cristalline degli Écrins, della Vanoise, del Rocciamelone ed al lago del Moncenisio.

Da Torino, lo sguardo volto ad occidente si ferma proprio qui, a questo gruppo di montagne aguzze che divide bassa Val Susa e Val Chisone, stringendo in mezzo la Val Sangone: le tre valli del Parco Naturale Orsiera Rocciavrè.

Il trekking del Giro dell’Orsiera contorna infatti l’area del massiccio Orsiera-Rocciavrè e offre ambienti straordinari, in un’alternanza di pascoli, pietraie, lariceti, faggete, oltre a paesaggi in cui i grandi ghiacciai quaternari sembrano essersi sciolti solo pochi giorni fa, lasciandosi dietro la bellezza grezza e seducente delle rocce. Un itinerario che porta alla scoperta della natura incontaminata a due passi da Torino, ma che, allo stesso tempo, soddisfa sia i collezionisti di vette, sia coloro che in vacanza amano anche imparare qualcosa della storia del luogo che attraversano: durante il percorso del Giro dell’Orsiera si trovano le testimonianze della Storia più nota, quella fatta dai Re e dal potente clero medioevale (forte di Fenestrelle, Certosa di Montebenedetto, ecc.), ma anche gli aspetti meno conosciuti, quella “piccola” Storia di tutti i giorni, vissuta dai pastori e dai montanari che fino a cinquant’anni fa popolavano numerosi queste vallate (incisioni rupestri, mulattiere selciate, versanti terrazzati, ecc.).

Uno sguardo attento ai segni lasciati dall’uomo, dunque, ma che sia ben pronto a captare anche quanto offre la natura, perché all’interno del Parco Naturale Orsiera Rocciavrè è molto facile avvistare grossi branchi di camosci (anche un centinaio di individui per volta!), cervi, caprioli, cinghiali, mufloni, stambecchi, per quanto riguarda gli ungulati; ma anche aquile reali, gipeti, gheppi, falchi pellegrini e pecchiaioli; oltre a fagiani di monte, pernici e coturnici per chi è più attento; cince, sordoni e codirossi per chi apprezza anche le apparizioni più consuete.

Le Carte

  • Carta turistica del Parco Naturale Orsiera Rocciavrè e Riserve degli Orridi di Chianocco e Foresto; scala 1:25.000; edizione 2005. (reperibile presso tutte le sedi del Parco Naturale Orsiera – Rocciavré)
  • Carta utilizzata come riferimento per toponimi, quote, numerazione dei sentieri.
  • Carta Istituto Geografico Centrale n. 1 “Valli di Susa, Chisone e Germanasca”; scala 1:50.000. (reperibile presso qualsiasi negozio di editoria alpina)

Carta dei sentieri e stradale Fraternali Editore n. 3 (manca una piccola parte del sentiero che parte da Forno di Coazze in Val Sangone, del tutto trascurabile. Il resto del Giro dell’Orsiera è completamente ben descritto. Per chi volesse avere la parte mancante, davvero minima, può acquistare anche la Cartina n. 4); scala 1:25.000; edizione 2009. (reperibile presso qualsiasi negozio di editoria alpina)

La Descrizione

Il Giro descritto prevede 6 giorni di cammino, con pernottamento nei 5 rifugi gestiti all’interno del Parco.

Sono possibili molte varianti, ma quello che troverete di seguito è l’itinerario che consente un’ampia panoramica sui diversi ambienti e aspetti storico-culturali dell’area protetta, con tappe percorribili da ogni escursionista mediamente allenato, sentieri ben tracciati, dislivelli moderati e frequenti possibilità di sosta in bivacchi, in riva a laghi glaciali, in alpeggi a gustare i formaggi tipici.

Si propone la partenza da Forno di Coazze, in Val Sangone, perché è facilmente raggiungibile in automobile e si trova circa a metà strada tra i rifugi Val Gravio (in Val Susa) e Balma (in Val Sangone), che altrimenti risulterebbero troppo distanti da unire in un’unica tappa. Per chi utilizza un altro accesso al Giro dell’Orsiera (es.: Cortavetto di San Giorio in Val Susa, Pra Catinat in Val Chisone, stazioni ferroviarie di Bussoleno e Borgone), si consiglia in ogni caso di dividere il tragitto tra il rifugio Val Gravio e il rifugio Balma in due tappe distinte, ad esempio pernottando alla Casa Alpina “Evelina Ostorero” di Forno di Coazze

I tappa

Forno di Coazze – Rifugio della Balma per il sentiero n. 415

  • difficoltà: e
  • tempo di percorrenza: 3 ore
  • qualità della segnaletica: buona
  • qualità del sentiero: buona
  • quota di partenza: 1130 m.
  • quota massima raggiunta: 1986 m.

dislivello in salita: 856 m.

Raggiunto il paese di Coazze (quota 747 metri), si prosegue sempre in auto costeggiando il Municipio fino ad imboccare, sulla sinistra, la stradina, sempre asfaltata, che scende verso il Rio Sangonetto e l’omonima frazione. Superato il nucleo di case e non considerando la deviazione, a destra, per borgata Cervelli, si prosegue nel Vallone del Sangone, con le sue aspre ed incombenti pareti ed i suoi boschi di castagno e faggio. Si raggiunge così la Borgata Ferria (quota 959 metri), Friё nella parlata franco – provenzale della valle. Serve a spiegarne l’origine del toponimo, il passato del piccolo agglomerato di case, che fu per molto tempo un importante centro di raccolta del ferro estratto sulle pendici del Monte Bocciarda (quota 2.201 metri), nella vicina Val Chisone. Il prezioso minerale raggiungeva Ferria a dorso di mulo, passando dal Colle della Meina. Dal borgo veniva poi convogliato verso le fucine di Giaveno. L’attività estrattiva del ferro verrebbe fatta risalire al XIII secolo.

Da Borgata Ferria si procede sempre su strada asfaltata, in direzione del Santuario di N.S. di Lourdes, costruito per volere di Don Giuseppe Viotti nel 1953, costeggiando alcune villette si supera il centro abitato di Forno di Coazze (quota 961 metri).

La strada prosegue per Pian Neiretto. Si parcheggia l’auto nei pressi di una sbarra che limita l’accesso nei periodi di chiusura degli impianti, dirigersi verso un grosso roccione posto a margine della carrozzabile, sul quale è ben evidente la scritta “Robinet” verniciata di blu.

Risalire il ripido costone dalla strada ed inoltrarsi nel bosco seguendo un ampio sentiero che si dirige in piano verso Nord – Ovest, effettuando un ampio semicerchio per portarsi sul versante Nord della collina. Percorrere quindi la traccia a mezzacosta immersi nel bosco al di sopra del torrente Sangone in un itinerario davvero amabile e rilassante, soprattutto negli assolati e caldi pomeriggi estivi. Il sentiero è il n. 415 ed è segnalato con i classici segna – via bianchi e rossi.

Raggiunta un’ampia radura nel bosco, dirigersi verso una grande roccia sulla quale è dipinto un segnavia rosso. Il sentiero si fa nuovamente più stretto e ripido, passando in diversi punti accanto al letto del torrente. In breve la traccia di sentiero, sempre ben segnalata, risale guadagnando nuovamente una piccola radura da dove si può vedere, sulla destra, il solido ponte sul torrente Sangone.

Attraversatolo la traccia ci invita a proseguire costeggiando il torrente verso Ovest per un breve tratto, per poi inoltrarsi nuovamente nella boscaglia fino nei pressi di un baraccamento. Poco oltre, a destra, si riprende a salire lungo il ripido sentiero che risale il costone boschivo per raggiungere in pochi minuti la cresta della lunga dorsale morenica che scende dall’Alta Val Sangone (quota 1.350 metri / ore 0,45).

Sempre mantenendo direzione Ovest, si prosegue lungo il sentiero che si fa ora molto ampio ed evidente. Nel caso in cui si percorra l’itinerario nel senso inverso, cioè scendendo dal Rifugio Balma, ricordarsi di imboccare il sentiero fin qui descritto, che rimane un po’ nascosto, e non proseguire fino al fondo della dorsale morenica ove troviamo il pilone votivo Garida, altrimenti si dovrà risalire sino al bivio oppure scendere fino all’abitato di Molè: rendendo obbligatorio almeno un chilometro di strada asfaltata in salita per il recupero del proprio veicolo.

Superato il primo tratto di dorsale fuori dalla boscaglia, si rientra nel faggeto sempre seguendo la traccia, mai eccessivamente ripida e faticosa, che conduce sin nei pressi di una bacheca informativa che segnala l’ingresso nel Parco dell’Orsiera-Rocciavrè, in realtà i confini veri e propri si estendono fin nei pressi del luogo dove si parcheggia l’auto. Da questo punto termina improvvisamente il bosco, preannunciando l’ingresso nel Vallone della Balma (quota 1.500 metri / ore 1,10).

Dopo un primo tratto di sentiero in leggera discesa in cui si attraversa una pietraia, ritornando accanto al torrente Sangone, per costeggiarlo tra alcuni grossi blocchi di roccia ai piedi di un ripido costone roccioso alla nostra destra, fin nei pressi di una fontana. Da questo punto inizia il tratto più impegnativo e ripido dell’itinerario lungo il quale il sentiero, con una serie di diagonali, invita a risalire il pendio conducendo ad una sorta di altipiano contornato verso Nord ed Ovest da ripide pareti rocciose.

Giunto sul pianoro il sentiero si addolcisce nuovamente percorrendo un tratto erboso e dirigendosi verso Sud Ovest all’imbocco di un’ansa che sta all’origine di un restringimento del vallone; il sentiero risale ancora una volta ripido con poche e precise curve per entrare infine nella parte alta del Vallone della Balma con un aereo percorso a mezzacosta.

E’ già possibile da questo punto vedere il Rifugio Balma sulla sinistra idrografica del vallone nei pressi di un piccolo pianoro. Impagabile lo sguardo su tutto l’anfiteatro di vette che chiude il vallone da Nord a Sud, dalla Punta del Lago Nord (2616 m.), al Monte Robinet (2681 m.), ben visibile sulla cima il Bivacco della “Madonna delgi Angeli”, alla Punta Loson (2653 m.), fino alla Punta del Lago Sud (2535 m.). (quota 1.700 metri / ore 1,30).

Il sentiero prosegue, scendendo brevemente per superare alcune ripide rocce per poi risalire nuovamente, pur proseguendo sempre sotto al salto roccioso alla base del quale, in corrispondenza di una grossa fessura della parete, si trova una utilissima fontanella. Risalendo con poche diagonali il tratto erboso successivo, si perviene sull’ampia radura che anticipa il Rifugio, ormai ben visibile.

Si percorre l’ultimo tratto scavalcando alcuni torrentelli ed attraversando il pianoro erboso lungo la traccia che molto spesso, in estate, può essere mascherata dalla vegetazione: fino a giungere sull’ampia spianata del Rifugio della Balma (quota 1.986 metri / ore 2,15).

II tappa

Rifugio Balma – Rifugio Selleries per il Colle del Robinet (sentiero n. 415); lungo la Cresta Glantin ed il lago di Laus (sentiero n. 366); al Rifugio Selleries (sentiero n. 339/a)

  • difficoltà: ee
  • tempo di percorrenza:
  • qualità della segnaletica: buona
  • qualità del sentiero: buona
  • quota di partenza: 1.986 m.
  • quota massima raggiunta: 2.635 m. (al Colle del Robinet) / 2.681 (alla cima del Monte Robinet)
  • dislivello in salita: 649 m. (al Colle del Robinet) / 695 m. (alla cima del Monte Robinet)
  • dislivello in discesa: 612 m. (dal Colle del Robinet / 658 m. (dalla cima del Monte Robinet)

Lasciato il Rifugio della Balma (quota 1.986 metri) proseguire in direzione Ovest riprendendo il cammino lungo il sentiero n. 415, percorso il giorno precedente per raggiungere il rifugio. I segna – via, ben evidenti, sono sempre bianchi e rossi. Si passa accanto ad una vasca con fontana e ci si dirige verso la testata della Vallone della Balma ed il Colle del Robinet, come mostrano le chiare indicazioni del pannello del Parco. Dopo un bel tratto rilassante in lieve discesa si passa accanto alla piccola centralina idroelettrica del Rifugio Balma. Oltrepassati alcuni torrentelli con facili guadi, il tracciato sempre ben segnalato, aggira un piccolo promontorio erboso.

Da questo punto il sentiero prende a salire in maniera continua ed abbastanza decisa sino a giungere ad un bivio con un classico palo segnaletico in legno (quota 2.120 metri / ore 0,30) che indica a sinistra, oltre il guado di un torrentello, il percorso per raggiungere il Lago Soprano ed a destra il ripido sentiero che prosegue per il Colle del Robinet.

Proseguendo in direzione del Colle il percorso si fa più ripido per un breve tratto con larghe svolte, poi si sviluppa a mezzacosta ed a sinistra si può ammirare il sottostante Lago Sottano. Da qui dopo una breve risalita nuovamente più ripida il sentiero si ammorbidisce passando, con traccia pressoché rettilinea in direzione Nord Ovest, accanto ad una stazione di rilevamento meteo – nivologica. Sempre nella medesima direzione, si prosegue riprendendo gradualmente a salire, guadagnando, con poche ripide svolte, il successivo altopiano (quota 2.250 metri / ore 0,50).

Raggiunto il vasto pianoro su cui spiccano numerose pietraie e la sorgente del Rio Malasella, ci si addentra nella torbiera che occupa tutto il piano, all’inizio della stagione estiva si deve prestare particolare attenzione alla presenza di un’abbondante quantità d’acqua mascherata dall’erba. La torbiera è un quadro molto pittoresco dell’ambiente alpino, con minuscoli specchi d’acqua limpida coronati dalla tipica vegetazione idrofila. Si giunge nei pressi di un canalino lungo il quale si inerpica il sentiero; risalitolo per un breve tratto, in corrispondenza di un segnavia, si devia di 90° verso destra per superare, facilmente, il margine destro del colatoio e riguadagnare una traccia più agevole del sentiero. Risulta particolarmente suggestiva la vista sul Lago Sottano della Balma, sui due Laghi di Avigliana, piuttosto lontani, nonché sui centri urbani di Giaveno e Torino, e su tutta la pianura sottostante.

Il percorso prosegue dapprima su terreno detritico pressoché pianeggiante, successivamente con ripide serpentine alternate a brevi diagonali guadagna quota per portarsi infine all’imbocco del valloncello che scende direttamente dal Colle del Robinet. Percorrendo i tornanti che lo raggiungono e superati dapprima una fontanella sulla sinistra e, successivamente, un torrente, si inoltra nel centro del vallone, dove per buona parte dell’estate è presente un nevaio: affascinante e piacevole incontro con l’alta montagna. Passando inizialmente accanto ad alcune grandi rocce, poi su una sorta di piccola cresta morenica si raggiungono le pendici della pietraia, molto ripida, che conduce al Colle soprastante (quota 2.500 metri / ore 1,30).

Sviluppandosi su terreno friabile e piuttosto scosceso, quest’ultimo tratto di salita si presenta, sicuramente, come il più impegnativo della tappa. Con alcuni larghi tornanti si risalgono faticosamente le ultime decine di metri sotto la cresta, nei pressi di uno dei tornanti si individua una palina direzionale dalla quale, proseguendo lungo la traccia che si sviluppa verso la sua sinistra, che è anche la naturale prosecuzione del percorso, si raggiungerà il Colle. Risalendo, invece, lungo la traccia che parte alla destra del palo si raggiungerà la cresta rocciosa che collega il Colle del Robinet con il Monte Rocciavré. Il colle del Robinet si presenta come una sella erbosa e mette in comunicazione il Vallone di Rouen, dal versante della Val Chisone, con il Vallone della Balma, dal versante della Val Sangone. Pur non avendo mai rivestito un’importanza storica di una certa rilevanza, esso è raggiunto da due sentieri molto importanti: il n.415, appena descritto, dalla Val Sangone ed il n. 341 dal Comune di Roure in Val Chisone. (quota 2.635 metri / ore 2.00)

Se le condizioni meteo ed il tempo a diposizione lo consentono, è consigliabile la salita alla cima del Monte Robinet (quota 2.681 metri). Giunti, infatti, sul Colle del Robinet, dove è posta un’evidente palina, proseguire sulla traccia di sentiero, ben segnalata dalle tacche bianco-rosse, che si sviluppa verso sinistra dapprima in leggera discesa sul versante valchisonese ad aggirare un piccolo promontorio roccioso e poi nuovamente in salita a riguadagnare il filo di cresta.

Scavalcata la cresta in un ripido intaglio roccioso il sentiero sempre ben evidente corre ora sotto il filo di cresta sul versante valsangonese con un breve saliscendi per arrivare, superato l’ultimo risalto roccioso, nell’ampia spianata sulla quale sorgono il Bivacco e la Cappella della Madonna degli Angeli. Appena dietro la costruzione, su una evidente roccia possiamo trovare la vetta del Monte Robinet,dove è posta la croce (quota 2.681 metri / ore 2, 25). Dalla cima lo sguardo spazia libero verso le più importanti vette della Valle di Susa: il Rocciamelone e l’Ambin più lontane. Poi le vicine Cristalliera, Orsiera, Rocciavré. Verso la Val Chisone l’Albergian e la Rognosa di Sestriere. Verso le Valli Pellice e Po il Bric Boucìe, La Punta Ramiere, il Monte Granero ed il Monviso. Le Langhe e le Alpi Marittime in lontananza. Verso la pianura vista grandiosa su Torino.

Dalla cima del Monte Robinet si ritorna verso il Colle del Robinet, e si ridiscende per un breve tratto lungo il sentiero utilizzato salendo dal Rifugio Balma. Fino a giungere ad un bivio (quota 2595 metri / ore 0,25). Alla destra di scende si ritrova il sentiero n. 341 che conduce, con alcuni tratti di discesa anche piuttosto ripida, nel selvaggio Vallone di Rouen collocato a monte dell’abitato di Gran Faetto nel comune di Roure.

III tappa

Rifugio Selleries – Rifugio Toesca per i sentieri n. 337 e n. 510

  • difficoltà: e
  • tempo di percorrenza: 5.00 ore / 6.00 ore
  • qualità della segnaletica: buona
  • qualità del sentiero: buona
  • quota di partenza: 2023 m.
  • quota massima raggiunta: 2586 m.
  • dislivello in salita: 563 m.
  • dislivello in discesa: 876 m.

Dal Rifugio Selleries si inizia a salire in direzione delle baite dell’Alpe Selleries, direzione Nord Ovest. L’imbocco del Sentiero 337 si trova presso il tabellone del Parco Orsiera – Rocciavré posto alle spalle del rifugio. Costeggiando le case ed il cortile dell’alpeggio la traccia del sentiero si frammenta in più percorsi paralleli, a causa del transito delle mucche, ma rimane tuttavia evidente e ben segnalata la direzione corretta. Si sale su una lunga diagonale che raggiunge un abbeveratoio, da questo punto il percorso si snoda su stretti tornanti più ripidi. Percorsi questi tornanti si raggiunge un evidente bivio, posto in una posizione più pianeggiante (quota 2.290 metri / ore 0,35). All’altezza del bivio il Sentiero 337 prosegue in direzione Est – Nord – Est, mentre, sulla traccia che continua a salire verso Nord – Ovest, il Sentiero 336 conduce alle baite dell’Alpe Chardonnay, poi al Lago Chardonnay ed in ultimo alla Cima del Monte Orsiera (quota 2890 metri).

La salita verso il Colle del Sabbione, dal bivio, riprende più morbida sviluppandosi lungo una bella traversata in diagonale che si snoda appena al di sopra dei contrafforti rocciosi che delimitano la Conca del Selleries. Raggiunto il Rio Malanotte, il sentiero riprende a salire in modo più marcato seguendo le piccole gole, scavate nel tempo, dal passaggio continuo dell’acqua. In questa zona il piccolo ruscello si presenta in alcuni tratti ben evidente, salvo poi scomparire subito dopo, per riapparire in pozze, anche piuttosto profonde, in un altro punto. È il segnale evidente che il terreno su cui si snoda il sentiero è molto scavato sotto la superficie, consentendo all’acqua di transitare sotto terra per buona parte del percorso del rio. Nei periodi di maggiore abbondanza d’acqua, la Conca del Selleries è decorata da una cascata molto grande che sbuca, improvvisamente, dalle rocce a poca distanza dal sentiero. In piena estate ed in pieno inverno, quando c’è poca acqua essa scompare totalmente, ed il ruscello ricompare molto più a valle. Indicando la presenza di percorsi sotterranei.

Proseguendo lungo il sentiero, dopo questo breve tratto di tornanti, la salita ritorna ad essere meno ripida entrando in un vero e proprio vallone, sicuramente anch’esso scavato dal passaggio dell’acqua, che consente di raggiungere il Colle del Sabbione (quota 2586 metri / ore 1,45). Dal colle parte la Valletta Lunga in direzione Nord, percorrendo una piccola traccia di sentiero, a volte poco evidente, si può raggiungere la Cima della Gavia (quota 2.808 metri).

Appena superato il Colle del Sabbione, si entra in Valle di Susa ed l’ambiente cambia drasticamente, si passa su un versante meno esposto al sole ed il paesaggio è dominato da una pietraia molto estesa. Il cammino prosegue lungo il Sentiero 510 e si inizia a scendere lungo ampi tornanti che si fanno largo in questo pendio pietroso. L’ambiente è decisamente selvaggio ed affascina il radicale mutamento dovuto al cambio di esposizione.

La discesa prosegue ed il sentiero si sviluppa ora lambendo la base dei costoni del Becco d’Aquila (quota 2.526 metri), piccola cima che domina questa zona. La discesa diventa più ripida con tornanti più stretti e ravvicinati. Lasciando gradualmente i suddetti contrafforti il paesaggio si ammorbidisce, la pietraia cede il paesaggio a belle praterie alpine. Molto facile l’incontro con branchi di camosci, sempre schivi e diffidenti, al pascolo. Il sentiero prosegue ora sempre meno ripido e conduce all’ampio pianoro che ospita la Bergeria del Balmerotto (quota 2.107 metri / ore 1, 20). Paesaggio alpino tipico delle montagne piemontesi: prati molto ampi, posti ai piedi di contrafforti rocciosi ripidi e rocciosi.

Il cammino riprende attraversando in un paio di occasioni dei piccoli ruscelli, e raggiunge con poco dislivello e morbida discesa il bivio con il Sentiero 511 (quota 2.015 metri) che scende dalla Porta del Villano, colletto evidente posto, a 2.507 metri, tra Punta Pian Paris (quota 2.742 metri) ed il Monte Villano (quota 2.663 metri).

La discesa prosegue sempre non ripida fino a raggiungere un altro bivio, a quota 1.930 metri si incontra il Sentiero 517 che arriva dal Colle Aciano (quota 2.004 metri). Poco oltre il bivio si raggiunge l’Alpe di Mezzo, posta al centro di un altro piccolo pianoro. La presenza di una serie di alpeggi così ravvicinati testimonia due fattori molto importanti: la forte tradizione pastorizia della valle e la vocazione di questo terreno davvero adatto ad ospitare greggi e mandrie, anche se non di grandi dimensioni.

Il sentiero supera il piccolo alpeggio e raggiunge il fondo dei prati, lasciandosi alle spalle il pianoro per proseguire lungo tornanti sempre più ripidi e ravvicinati. Il paesaggio si fa più boscoso con la presenza di molti larici che da questa quota diventano compagni di escursione costanti.

Arrivati al fondo dei ripidi tornanti si raggiunge il Pian del Roc a quota 1.754 metri, dove si incrocia il bivio con il Sentiero 519 che attraverso la Porta del Chiot (quota 2.197 metri) ed il Colle del Mulinas (quota 2.266 metri) conduce alle Bergerie dell’Orsiera, posto tappa GTA. Scendendo leggermente ancora fin verso il fondo del piano si arriva al Rifugio P. G. Toesca (quota 1.710 metri / ore 1,30). Il rifugio è in una posizione ideale per osservare il Monte Rocciamelone ed il Massiccio dell’Ambin posti sull’altro versante della Valle di Susa. Il rifugio Toesca, edificato nel 1921 è stato ricostruito negli anni ’50 dopo essere stato distrutto da una slavina ed ancora restaurato negli ultimi anni per assumere l’estetica attuale.

Il cammino riprende con una discesa morbida dentro il bosco di larici, si prosegue fino a raggiungere l’Alpe Balmetta a quota 1.507 metri. Appena prima dell’alpeggio si incrocia il Sentiero 516 che scende dal Colle Aciano (quota 2.004 metri). Proseguendo la discesa dall’Alpe Balmetta gradualmente il bosco che circonda il sentiero cambia aspetto, a tratti diventa ancora più fitto ed i larici fanno spazio ai faggi.

Ad un certo punto ci si trova di fronte a due sentieri. Entrambi conducono al Rifugio Amprimo. Il sentiero a sinistra si inoltra in un piccolo vallone. Il sentiero a destra mantiene il filo di cresta. Sono entrambi ben tracciati e privi di difficoltà. Quindi non resta che scegliere.

Posto ai bordi del bosco con dei bei prati di fronte il Rifugio Onelio Amprimo, si trova al fondo della discesa (quota 1.376 metri / ore 1,00). Si tratta di una bella struttura di proprietà del Club Alpino di Bussoleno.

IV tappa

Rifugio Toesca – Rifugio Amprimo per i sentieri n. 519, n. 514 e 521 Sentiero dei Franchi

  • difficoltà: e
  • tempo di percorrenza: 5.00 ore / 6.00 ore
  • qualità della segnaletica: buona
  • qualità del sentiero: buona
  • quota di partenza: m.1710
  • quota massima raggiunta: m.2268
  • dislivello in salita: m.558
  • dislivello in discesa: m. 893

Dal Rifugio Toesca seguire in salita il sentiero 510 fino a superare un vallone ben marcato dove si trova il bivio con il sentiero 519 (dal rifugio circa 200m.). Mentre il 510 prosegue sulla massima pendenza, il sentiero 519 traversa in direzione del Rio Gerardo con andamento quasi pianeggiante. Attraversato a guado il corso d’acqua si comincia subito a salire sulla sponda opposta. Si gira intorno a un grande masso poi si attraversa una zona di pascolo e si comincia a prendere quota con strette giravolte tra radi larici. Raggiunto un piccolo ripiano portarsi a sinistra e salire su tracce di sentiero piuttosto vaghe (attenzione ai sentieri del bestiame, tenere d’occhio i segnavia!) e poi traversare a destra, in direzione di una piccola parete rocciosa.

Il sentiero sale alla base della parete e la contorna su una cengia. Cambiando versante si entra in un intrico di ontani verdi che fiancheggiano il sentiero fino a che il 519 attraversa uno stretto il vallone. Il versante opposto è più aperto e il sentiero risale con qualche tornante una schiena d’asino dalla quale si scorge il rifugio Toesca , ormai 250 metri più in basso.

Si sale ancora sul fianco del vallone poi, con una diagonale si entra nel fondo di un’ampia conca di pascolo. Il questo avvallamento erboso la traccia del sentiero è discontinua. Si prende quota tenendosi a sinistra di alcune balze rocciose fino a raggiungere una traccia orizzontale e poi si piega a destra in direzione del colle erboso (Porta del Chiot) ormai ben visibile.

Dopo una breve discesa sul versante occidentale del passo, il sentiero continua quasi in piano su un terreno che alterna bassi cespugli di mirtillo e salice nano a piccole zone di pascolo con massi sparsi e ghiaioni. Ormai si indovina la prossima meta: il colle del Mulinas, situato a sud delle punta rocciosa del Monte Rognone. Con una ripida salita si arriva al colle dal quale lo sguardo si apre sulla coca dove sorge la Bergeria dell’Orsiera. Dal passo non si scende direttamente nella conca. Ancora qualche metro di salita prima di abbassarsi in una conca erbosa situata ai piedi delle severa parete nord del Monte Orsiera.

Il sentiero raggiunge una seconda conca situata a un livello più basso e poi continua a scendere fra ontani e rododendri verso la bergeria . Attraversato un corso d’acqua il sentiero compie qualche stretto tornante, poi con una diagonale raggiunge il fondo della conca non lontano dal corso del torrente che scende da Pian Marmouté. Attraversato il corso d’acqua dirigersi verso i fabbricati della Bergeria dell’Orsiera. Lasciati i fabbricati alle proprie spalle si giunge dopo poche centinaia di metri ad un’edicola dove si colloca il bivio con il sentiero 514. Qui svoltando a destra si inizia a scendere e si entra nel lariceto. La discesa prosegue oltrepassando prima un ponticello in legno che permette di superare il Rio dell’Orsiera e poi una sorgente alla propria destra. La discesa continua alternando stretti tornanti a lunghi mezzacosta fino ad incontrare il rudere di “Pré Bout”, situato ai margini di una radura di pascoli. Da qui si segue la traccia di un un vecchio fosso irriguo per giungere alle case di Pra la Grangia Superiore. Scendendo per la ripida carrareccia si giunge in prossimità dell’incrocio con il sentiero 521 che si stacca dal sentiero 514, verso destra, un centinaio di metri a monte del piazzale – parcheggio di Pra la Grangia (Case Plaia).

L’inizio del sentiero coincide con una ripida pista infossata che risale il pendio lungo la linea di massima pendenza. Dopo meno di cinquanta di metri si arriva al bivio con il sentiero 514/a, un tratto di raccordo con il 525 che sale dalle Toglie alla Bergeria dell’Orsiera. Tralasciato questo sentiero, che prosegue in salita, si svolta a sinistra e si prosegue in piano tra larici e radure su un percorso pianeggiante. Una breve discesa porta sulla strada carrozzabile dell’Alpe Toglie che si segue fino oltre alla Cappella delle Toglie.

Lasciata alle proprie spalle la Cappella e proseguendo sulla trada si può raggiungere il moderno alpeggio delle Toglie costruito intorno al 1980 dal consorzio allevatori di Mattie con il contributo di enti pubblici. La sua costruzione si è resa necessaria dopo che una valanga aveva distrutto il vecchio alpeggio, situato qualche centinaio di metri più a ovest. Del vecchio alpeggio si conservano pochissime tracce in quanto le pietre sono vennero ricuperate e utilizzate per la nuova costruzione.

Nei primi anni l’alpeggio era dato in affitto a un malgaro tenuto a portare in montagna anche le vacche dei soci del consorzio, ma con il passare degli anni questi capi sono molto diminuiti e il gestore dell’alpeggio pascola ormai soltanto il suo bestiame

L’alpeggio, di concezione moderna, è costituito da due edifici completamente in pietra: un fabbricato civile e la stalla. Nella casa di abitazione si trova l’alloggio del malgaro, il locale di caseificazione, la cantina per la stagionatura dei formaggi. Al piano superiore il posto tappa della Grande Traversata delle Alpi. I due edifici sono collegati da una tettoia che può offrire riparo agli escursionisti anche quando il posto tappa è chiuso.

Il posto tappa G.T.A. delle Toglie costituiva un importante punto di appoggio quando, intorno al 1980 era stato organizzato l’anello della grande Traversata delle Alpi intorno al Parco dell’Orsiera –Rocciavré. Quando con la chiusura degli altri posti tappa, la variante della G.T.A. è andata in disuso, Il posto tappa venne usato dagli escursionisti (soprattutto stranieri) come punto di sosta nella traversata da Susa a Usseaux. Con la creazione del bivacco alla Bergeria dell’Orsiera il percorso di traversata si è spostato verso il sentiero 514 (più diretto) per cui il posto tappa delle Toglie è utilizzato da un numero minore di escursionisti.

La Cappella delle Toglie, è situata sul piano a valle della borgata poco distante dalla strada: si trova in mezzo ai pascoli sul terrazzo naturale a valle dell’alpeggio delle Toglie e della omonima borgata. Presenta sul lato orientale, in corrispondenza della facciata, recentemente restaurata e ridipinta, un portico sostenuto da due colonne quadrate.

Non volendo raggiungere l’Alpeggio delle Toglie, lasciata la Cappella alle proprie spalle, proseguendo sulla strada sterrata si giunge ad un tornante da dove il sentiero inizia con una brusca salita ma si spiana subito. Supera un vallone ben marcato e poi prosegue a mezza costa in leggera discesa, ma poi risale a un’altura tra i faggi dove si incontra un abbeveratoio per il bestiame. Il sentiero continua a traversare in direzione est, supera una dorsale più accentuata (casa delle Casse) e arriva a una cresta che determina un cambio di versante.

Da questo punto si scende bruscamente nell’avvallamento dove si trova la borgata Comba. Si risale brevemente il versante opposto e quindi, dopo una lieve discesa, si attraversa il Rio Gerardo su un ponticello di tronchi.

Dopo avere incrociato il sentiero 525 che dai Giordani sale all’Alpe Toglie si arriva in un tornante della strada. Da questo punto si lascia la carrozzabile e si percorre nuovamente un sentiero tra i boschi.

Ancora una risalita e si sbuca su dei vasti pascoli punteggiati da larici sparsi. Il percorso continua sempre in direzione est seguendo le ondulazioni del terreno. Dopo avere attraversato un’ampia valle pianeggiante (Pra Mean) e risalito la morena sul lato opposto, si incrocia la variante del sentiero 510 che risale la cresta dell’altura in direzione del Rifugio Toesca. Da questo punto è sufficiente scendere da versante orientale della morena per arrivare al Rifugio O. Amprimo (Bivio 510 e 513).

V tappa

Rifugio Amprimo – Rifugio Valgravio per i sentieri n. 513, n. 513/A e 512 entrambi Sentiero dei Franchi

  • difficoltà: e
  • tempo di percorrenza: 5.00 ore / 6.00 ore
  • qualità della segnaletica: buona
  • qualità del sentiero: buona
  • quota di partenza: m.1375
  • quota massima raggiunta: m.1376
  • dislivello in salita: m.304
  • dislivello in discesa: m. 303

Dal Rifugio Amprimo seguire in direzione Paradiso delle Rane, Travers a Mont: la lariceta viene presto sostituita dalla faggeta.

In corrispondenza del il Paradiso delle Rane il sentiero esce dal territorio del Parco Naturale Orsiera – Rocciavré.

Il Paradiso delle Rane comprende due minuscoli laghi che si trovano poco a valle del piazzale di Cortavetto.

I due specchi d’acqua sono stati creati scavando artificialmente due zone acquitrinose coperte di canna palustre e altra vegetazione. Nell’arco di trenta anni le sponde si sono naturalizzate e oggi i due laghetti ospitano un’importante popolazione di rospo e di rana temporaria. Nei laghi sono presenti molte specie di pesci, frutto di immissioni avvenute nel corso degli anni : cavedani, scardole, vaironi, sanguinerole oltre ad un paio di carpe, qualche tinca e un alcuni lucci.

Interessanti le piante igrofile delle sponde, non comuni in un Parco Naturale di montagna: giunco comune, giunco dei boschi, canna di palude, salciarella, lisimachia maggiore.

Lasciati alle nostre spalle i laghi e giunti presso il parcheggio della fraz. Travers a Mont si procede in direzione est in un bosco di conifere (larici e abeti bianchi). Dopo una breve salita il sentiero si spiana nuovamente, attraversa il ruscello che alimenta il lago inferiore del Paradiso delle Rane, e va a incrociare la strada che da Cortavetto sale alla borgata Traversa a Mont. Attraversata la borgata il sentiero prosegue con lievi ondulazioni, fiancheggiato per gran parte della sua lunghezza, da muri di pietra a secco.

Poco più avanti della borgata abbandonata Arbrun, si incontarano due incroci con sentieri non segnalati: tenere prima la destra e poi la sinistra. È difficile sbagliarsi poiché questi sentieri sono un disuso da tempo. Attraversata la borgata Pois (quasi del tutto crollata) si percorre un tratto in leggera discesa poi il sentiero cambia direzione per inserirsi sul fianco del vallone del Gravio. Si passa vicino ancora a delle baite disabitate (“Lou Barmot” e “li Paset d’Amoun) e in poco tempo si arriva al bivio del sentiero 512 in corrispondenza del nucleo principale della borgata Passet.

Le borgate e le baite abbandonate, i terrazzamenti, i muri divisori che si incontrano lungo il percorso raccontano come, in passato, questa zona fosse intensamente sfruttata dal punto di vista agricolo. Mentre i terreni migliori erano tenuti a prato dal foraggio o coltivati a segale e patate, le zone più scoscese o rocciose erano utilizzate come pascolo, per falciare qualche manciata d’erba oppure erano coperte dal bosco, periodicamente tagliato per produrre carbone di legna.

La maggior parte delle baite che si incontrano avevano un uso stagionale. Erano abitate nel periodo estivo da contadini che trascorrevano l’inverno a Città o nelle altre borgate più a bassa quota. Le abitazioni sono di struttura assai semplice con la stalla con soffitto a volta al piano terra o semi interrato e il fienile al piano superiore. Il fienile era coperto semplicemente dalle lose del tetto. Molto spesso Il fienile aveva anche la funzione di zona notte con i giacigli sistemati in un angolo del locale. In qualche caso si dormiva semplicemente sul fieno. Vicino ad alcune baite si notano i “Croutin” piccole costruzioni semi interrate che venivano utilizzate per la conservazione del latte, dei formaggi e del burro.

Alla Borgata pois è ancora visibile il vecchio pozzo e numerose pietre incise con coppelle e vaschette vicino all’uscio delle baite.

Lungo questo tratto di sentiero, i boschi sono l’elemento naturalistico più rilevante. Dalla faggeta che circonda il bivio con il sentiero 513, si passa in pochi metri al lariceto e poi all’abetina quasi pura. Questo popolamento di abete bianco costituisce il margine inferiore del bosco del Sapei, esteso sui versanti nord e ovest del Monte Cormetto. Oltre all’abete bianco, in questo bosco si trovano larici, qualche abete rosso e un buon popolamento di pino cembro.

Proseguendo in direzione dei Passet, oltre la borgata Travers a Mont, il sentiero è circondato da un bosco che si è sviluppato o trasformato in seguito all’abbandono delle attività umane. Dove un tempo c’erano prati e campi oggi troviamo betulle, salici, noccioli, maggiociondoli, aceri. Queste essenze hanno colonizzato anche i lariceti che un tempo erano utilizzati come pascolo formando una intricata boscaglia di latifoglie al di sotto delle chiome dei larici.

In questo ambiente sono comuni tutti gli uccelli di bosco: cinque specie di cincia, ghiandaia, picchio rosso, regolo, rampichino alpestre, codibugnolo, tordo bottaccio, picchio nero. La grande disponibilità di nocciole attira i roditori come il campagnolo rossastro, il ghiro, lo scoiattolo, il moscardino. In questo ambiente Il capriolo si avvista con relativa facilità mentre il cervo e il cinghiale sono più elusivi.

Notevole il tiglio, alto una trentina di metri, visibile a monte del sentiero, nelle vicinanze della baita più alta della borgata Passet.Lungo questo tratto di sentiero, i boschi sono l’elemento naturalistico più rilevante. Dalla faggeta che circonda il bivio con il sentiero 513, si passa in pochi metri al lariceto e poi all’abetina quasi pura. Questo popolamento di abete bianco costituisce il margine inferiore del bosco del Sapei, esteso sui versanti nord e ovest del Monte Cormetto. Oltre all’abete bianco, in questo bosco si trovano larici, qualche abete rosso e un buon popolamento di pino cembro.

Proseguendo in direzione dei Passet, oltre la borgata Travers a Mont, il sentiero è circondato da un bosco che si è sviluppato o trasformato in seguito all’abbandono delle attività umane. Dove un tempo c’erano prati e campi oggi troviamo betulle, salici, noccioli, maggiociondoli, aceri. Queste essenze hanno colonizzato anche i lariceti che un tempo erano utilizzati come pascolo formando una intricata boscaglia di latifoglie al di sotto delle chiome dei larici.

In questo ambiente sono comuni tutti gli uccelli di bosco: cinque specie di cincia, ghiandaia, picchio rosso, regolo, rampichino alpestre, codibugnolo, tordo bottaccio, picchio nero. La grande disponibilità di nocciole attira i roditori come il campagnolo rossastro, il ghiro, lo scoiattolo, il moscardino. In questo ambiente Il capriolo si avvista con relativa facilità mentre il cervo e il cinghiale sono più elusivi.

Notevole il tiglio, alto una trentina di metri, visibile a monte del sentiero, nelle vicinanze della baita più alta della borgata Passet. A partire da questo nucleo di case sii entra nel Parco Naturale Orsiera – Rocciavré. Proseguendo in salita per il sentiero 512 si supera uno sperone roccioso il sentiero lascia il bosco di latifoglie per entrare in un lariceto alternato a radure e pascoli, il sentiero comunque conserva una pendenza moderata fino al rifugio.

Dopo essere entrati nella prima radura e avere percorso una breve discesa si trova il bivio con il sentiero 512/a, un sentiero di collegamento che permette ai cavalli di guadare il Torrente Gravio in sicurezza e quindi di proseguire verso Monte Benedetto.

Di fianco al Rifugio Valgravio si trova il bivio con il sentiero 522 sul quale prosegue il Sentiero dei Franchi.

V tappa

Rifugio Valgravio – Forno di Coazze per i sentieri n. 522 e n. 524 entrambi Sentiero dei Franchi, 435, 445, 419, 415, 415/a

  • difficoltà: e
  • tempo di percorrenza: 5.00 ore / 6.00 ore
  • qualità della segnaletica: buona
  • qualità del sentiero: buona
  • quota di partenza: m.1375
  • quota massima raggiunta: m.1800
  • dislivello in salita: m.673
  • dislivello in discesa: m. 962

Dalla bacheca del Parco presso il Rifugio Valgravio incamminarsi in direzione del Torrente Gravio e attraversare il ponticello di tronchi che permette di attraversare il corso d’acqua in qualunque condizione.

Oltre la passerella il sentiero attraversa una zona di sorgenti, poi sale decisamente tra faggi e larici fino a raggiungere lo spiazzo pianeggiante di una antica carbonaia dove incrocia il sentiero 506 nel suo tratto tra Monte benedetto e l’Alpe Mustione. Attraversato il 506 si prosegue, con dei saliscendi, a mezza costa sul fianco destro del vallone (Direzione nord-est) tenendosi a valle di un affioramento roccioso.

Stiamo attraversando un lariceto sotto al quale si è sviluppato uno strato di latifoglie costituito principalmente da noccioli, maggiociondoli e saliconi. Superata una cresta il sentiero scende leggermente, attraversa un piccolo vallone e riprende dolcemente a salire in un bosco puro di maggiociondolo. A giugno questi alberi sono letteralmente coperti da grappoli di fiori gialli che emanano un profumo particolare.

In questo tratto occorre prestare attenzione ai segnavia poiché il tracciato del sentiero è poco evidente sul terreno. Sbucati su un terreno più aperto si incontra la vecchia mulattiera che porta all’alpeggio basso di Piansignore e che occorre seguire verso sinistra (Discesa).

Percorsi circa 150 metri si trova, a destra, la continuazione del Sentiero dei Franchi (Bivio 523 che scende alla Certosa di Monte Benedetto).

Il 522 percorre un breve tratto in piano fra i maggiociondoli poi sale leggermente e continua con un lungo mezza costa nel bosco di larici faggi e abeti. In questo tratto la traccia è ben evidente ed è sufficiente lasciarsi portare dai suoi saliscendi per arrivare con una breve discesa nelle vicinanze dell’Alpe Fumavecchia.

Passare a monte dell’alpeggio e dirigersi, salendo leggermente, verso la strada carrozzabile. Attraversare la strada e proseguire, sempre in leggera salita, fino a incrociare la pista di servizio dell’acquedotto di Villar Focchiardo (Tavoli da Pic- nic rustici). Seguirla per 100 metri in discesa fino ad arrivare aFontana del Vallone dove si incontra il sentiero 524 che da Monte Benedetto sale al Pian dell’Orso.

A monte di Fontana del Vallone il tracciato del 522 coincide con il sentieri dei Franchi. Attraversato il vallone in cui sgorgano le sorgenti che alimentano l’acquedotto di Villar Focchiardo, si risale diagonalmente un’altra scarpata, si passa vicino ad alcuni tavoli per il pic-nic, e poi si prosegue in direzione est, su un sentiero pianeggiante tra larici e abeti bianchi. Più avanti il sentiero sale in modo più marcato fino a raggiungere un’altura poi compie un’ampia curva a destra e prende a salire dolcemente su un’ampia cresta ricoperta di abeti bianchi: la Cara ‘d Mountarché. Più avanti la salita si fa più impegnativa e dopo il bivio per la Cà ‘d Marc Picapera il sentiero compie una diagonale verso ovest fino a portarsi sotto la cappella. Con pochi ripidi tornanti si acquista dislivello e si arriva al bivio con il sentiero 524/a che sale dal Casotto Fumavecchia, Siamo a pochi metri dalla cappella dedicata alla Madonna della Neve

Si attraversa il piano in direzione del colletto che separa la valle di Susa dalla Val Sangone dove, al bivio con il 435 termina il sentiero 524.

Affacciandosi sul colletto si hanno di fronte i picchi del Pagliaio e poi, in senso orario, Rocca Rossa, il Colle del Vento del Forno, il Monte Pian Real, il Colle delle Vallette, Punta Costabruna, Il Colle del Vento, Il Monte Muretto, la Salancia.

Superato il colletto, si torna in Val Sangone, nel vallone del Sangonetto: si imbocca in salita il sentiero 435, fino alla fontana di Nuna, dove si devia a sinistra sul 445, che attraversa il piccolo valloncello sottostante e porta sulla cresta della morena

centrale della valle, dove si incrocia il sentiero 420. Qui si prosegue quindi in discesa, fino a raggiungere i pascoli di Pian Goraj e le baite dell’Alpe Palè, in fondo al pianoro. Dagli edifici parte il sentiero Quota 1000 (419), che risale ripido sotto le pendici dei Picchi del Pagliaio, quindi devia in falsopiano verso est e va a costeggiare i confini del Parco Orsiera Rocciavrè, fino allo spartiacque con la valle del Ricciavrè. Si prosegue quindi su sentiero visibile in mezzo all’erica, si oltrepassa in discesa l’incrocio con il sentiero 418 per i Picchi del Pagliaio e, mantenendosi leggermente sulla destra, si scende verso le baite del Ciargiur del Forno, molte ben tenute e attrezzate con tavolo da picnic e fontana. La discesa prosegue in mezzo alle fitte faggete fino all’incrocio evidente (cartelli) con il sentiero che, diritto, prosegue per borgata Ruata (da dove la strada asfaltata porta a borgata Ferria, in cui si trova la Casa Alpina “Evelina Ostorero”; dislivello: 100 m; tempo di percorrenza: 20 minuti). L’itinerario principale devia invece decisamente verso destra, in direzione della miniere di Garida; si oltrepassa quindi il guado sul torrente Ricciavrè e si attraversa la zona utilizzata fino agli anni ’60 come deposito del materiale di scarto delle vicine miniere di talco. Fuoriusciti dalla boscaglia, il sentiero taglia i pascoli circostanti fino alla borgata Flizzo, quindi prosegue a mezza costa in mezzo ai prati costellati di alberi da frutta, in direzione di borgata Molè.

Una volta giunti qui, dalla piccola piazzetta della chiesa si risale per pochi metri sul sentiero 415, quindi si imbocca a sinistra il sentiero 415a in direzione di Terra Molia. Oltrepassato il pilone votivo e il guado sul torrente Balma, si giunge dopo poco agli edifici di Case Agostino, dove sono state lasciate le automobili alla partenza.