Scendeva la sera.
Una spessa brina ricopriva tutto:
i rami contorti degli alberi, i fili e i pali delle recinzioni,
l’erba fitta, la terra dei campi quasi nudi.
Era una specie di mondo di orribili forme bianche, angoscianti, fantastiche,
un universo cristallino da cui la vita sembrava bandita.
Guardai le montagne:
l’ampia muraglia azzurra sbarrava l’orizzonte,
custode di un altro mondo, nascosto.
Il sole, dalla parte dell’Abcasia probabilmente,
scendeva dietro alle creste,
ma la sua luce sfiorava ancora le cime,
posando sulla neve sontuose e delicate luci rosa, gialle, arancione, fucsia,
che correvano delicatamente da una vetta all’altra.
Era di una bellezza crudele, da mozzare il fiato,
quasi umana ma nel contempo al di là di ogni cruccio umano.
A poco a poco, laggiù in fondo, il mare inghiottiva il sole,
e i colori si spegnevano a uno a uno, lasciando la neve azzurra,
poi di un grigio bianco che splendeva tranquillamente nella notte.
Gli alberi incrostati di brina gelata
comparivano nel cono dei nostri fari come creature in movimento.
Avrei potuto credere di essere passato dall’altra parte,
in quella contrada che i bambini conoscono bene…
…e da cui non si ritorna.

Scendeva la sera.
Una spessa brina ricopriva tutto:
i rami contorti degli alberi, i fili e i pali delle recinzioni,
l’erba fitta, la terra dei campi quasi nudi.
Era una specie di mondo di orribili forme bianche, angoscianti, fantastiche,
un universo cristallino da cui la vita sembrava bandita.
Guardai le montagne:
l’ampia muraglia azzurra sbarrava l’orizzonte,
custode di un altro mondo, nascosto.
Il sole, dalla parte dell’Abcasia probabilmente,
scendeva dietro alle creste,
ma la sua luce sfiorava ancora le cime,
posando sulla neve sontuose e delicate luci rosa, gialle, arancione, fucsia,
che correvano delicatamente da una vetta all’altra.
Era di una bellezza crudele, da mozzare il fiato,
quasi umana ma nel contempo al di là di ogni cruccio umano.
A poco a poco, laggiù in fondo, il mare inghiottiva il sole,
e i colori si spegnevano a uno a uno, lasciando la neve azzurra,
poi di un grigio bianco che splendeva tranquillamente nella notte.
Gli alberi incrostati di brina gelata
comparivano nel cono dei nostri fari come creature in movimento.
Avrei potuto credere di essere passato dall’altra parte,
in quella contrada che i bambini conoscono bene…
…e da cui non si ritorna.fran

Scendeva la sera.
Una spessa brina ricopriva tutto:
i rami contorti degli alberi, i fili e i pali delle recinzioni,
l’erba fitta, la terra dei campi quasi nudi.
Era una specie di mondo di orribili forme bianche, angoscianti, fantastiche,
un universo cristallino da cui la vita sembrava bandita.
Guardai le montagne:
l’ampia muraglia azzurra sbarrava l’orizzonte,
custode di un altro mondo, nascosto.
Il sole, dalla parte dell’Abcasia probabilmente,
scendeva dietro alle creste,
ma la sua luce sfiorava ancora le cime,
posando sulla neve sontuose e delicate luci rosa, gialle, arancione, fucsia,
che correvano delicatamente da una vetta all’altra.
Era di una bellezza crudele, da mozzare il fiato,
quasi umana ma nel contempo al di là di ogni cruccio umano.
A poco a poco, laggiù in fondo, il mare inghiottiva il sole,
e i colori si spegnevano a uno a uno, lasciando la neve azzurra,
poi di un grigio bianco che splendeva tranquillamente nella notte.
Gli alberi incrostati di brina gelata
comparivano nel cono dei nostri fari come creature in movimento.
Avrei potuto credere di essere passato dall’altra parte,
in quella contrada che i bambini conoscono bene…
…e da cui non si ritorna.